SIMONA FRILLICI

14 Giugno 2019, Roma,
Confraternita dei Bergamaschi
il 14 Giugno 2019 sono stata invitata a partecipare con un'azione pittorica a un convegno dal titolo “Argonauti del futuro. Gli adolescenti e i media digitali: quali interventi possibili?”
organizzato dall'Associazione di Promozione Sociale A.P.S in collaborazione con l’Associazione per la Ricerca in Psicologia Analitica (ARPA) e la Fondazione Luigi Quondamatteo. Il luogo era la Confraternita dei Bergamaschi a Roma. Successivamente gli organizzatori hanno deciso di pubblicare gli atti e a tal proposito mi è stato chiesto di scrivere un testo sulla mia esperienza.
“L’arte spiega l’uomo più della teologia” (Salman Rushdie)
Da oltre venti anni tramite l’arte ricerco, esplorando quella sottile linea di confine che è tra la realtà delle immagini, piatte superfici, dimensione ampiamente esplorata e sviluppata nei tempi attuali, e la materialità e la profondità che è ogni singola vita vissuta.
Sono pittrice e nella costruzione delle mie opere (che spaziano dal quadro, all’installazione, al video) parto sempre da una fotografia fotocopiata su carta. Solitamente è un volto estrapolato dalla cronaca, dai giornali o dal web. La fotografia è il mezzo che permette di bloccare in immagine un frammento di vita. Mi interessa quel “frammento di vita”, che innesto nell’opera, nel tentativo di trasferire energia e significato dalla vita.
Tramite le fotocopie duplico, moltiplico velocemente le immagini. Creando quel senso di moltitudine, lo stesso che ci inonda nel quotidiano: immagini dappertutto, nei tanti schermi dentro cui viviamo, sulle affissioni pubblicitarie, ovunque. Viviamo in un mondo di immagini e perdiamo lentamente il contatto con il mondo reale. Dimenticando che la realtà umana è non solo immagine (riflesso del mondo reale) ma corpo e spirito. Quell’interiorità speciale dell’uomo: l’anima, una spiritualità che esige nutrimento per continuare a sopravvivere. Quella stessa spiritualità che nutre i sentimenti, l’etica, così come la poesia, quindi l’arte.
Il 14 giugno 2019 sono stata invitata a partecipare al congresso dal titolo “Gli argonauti del futuro. Gli adolescenti e i media digitali. Quali interventi possibili?” alla Confraternita dei Bergamaschi a Roma.
Per l’occasione ho replicato un’azione pittorica che già avevo sperimentato a Montefiascone nell’agosto 2017 (la mostra "Face to Face" a cura di Giorgio de Finis) e al Museo Macro a Roma, tre giorni a inizio Novembre 2018, intitolando l’evento “Che cosa è Arte?”.
Nel mio fare pittura ho cominciato a coinvolgere il pubblico, invitando a partecipare una o più persone alla volta; scattavo loro una foto del volto e subito fotocopiavo il ritratto in più copie. Quindi la stessa persona fotografata agiva creativamente sulla propria immagine fotocopiata, con colore nero e altri mezzi che avevo messo a disposizione, all’interno di un’area delimitata e caratterizzata da tante fotocopie sparpagliate a terra, prese dal mio repertorio. Le persone coinvolte potevano altresì utilizzare le fotocopie a terra, così come decidevano dove e come posizionare il proprio ritratto all’interno dell’area delimitata, in relazione agli altri elementi presenti. Io stessa ho dipinto, limitandomi a interventi minimi, all’interno dello spazio circoscritto, lasciandomi guidare e allo stesso tempo alimentando, quella materia pittorica che mano a mano prendeva corpo. Il risultato finale mi ha sempre sorpresa, a Montefiascone, al Museo Macro, così come alla Confraternita dei Bergamaschi.
Il passaggio veloce, quasi immediato, dalla vita reale (la persona stessa) alla sua immagine fotocopiata, alla pittura, ha permesso di trasferire l’energia della vita direttamente nell’opera.
Il risultato finale è un’opera unica, nonostante tante persone abbiano contribuito a realizzarla. E’ una pittura collettiva caratterizzata da una forte materialità ed energia. Se i suoi componenti sono i singoli ritratti, ognuno fatto da una diversa persona, il risultato è incredibilmente uniforme.
Specialmente nell’evento dei tre giorni al Macro, là dove c’è stato più tempo a disposizione affinché l’opera si costruisse, la sensazione è stata la crescita di un organismo autonomo che si è espanso velocemente, nutrendosi ogni intervento pittorico del precedente, fino a ricoprire voracemente ogni spazio disponibile nella grande stanza. E’ stato un peccato che, dovendo rispettare un calendario già fissato, l’esperimento sia stato interrotto troppo presto rispetto alle sue potenzialità espressive.
Durante il congresso alla Confraternita dei Bergamaschi la pittura è andata avanti per un’unica giornata.
Ciò che ho notato, un elemento costante in relazione anche alle azioni simili fatte precedentemente, è stata la presenza di un ritmo incredibile presente nell’opera finale. I ritratti, disposti a parete o pavimento dagli stessi autori, mostrano nella disposizione d’insieme un movimento ritmico, che li unisce l’uno all’altro, come se avesse agito un’unica mano con un preciso disegno finale. L’ho definito “ritmo tribale”, essendo la sensazione trasmessa quella di una danza tribale: primitiva, arcaica, quanto universale.
Avendo ormai ripetuto l’azione in tre situazioni diverse ho notato, riguardo i singoli ritratti: alcuni sono veramente sorprendenti per la creatività e originalità espresse (là dove l’individuo riesce ad accedere alla propria remota individualità che sempre è caratterizzata da una forte unicità). Altri ritratti, là dove ho notato ripetersi modalità simili o identiche, indicano il fatto che la persona si sia fermata alla superficie, alla propria maschera di facciata, incapace o inibita ad attingere al proprio interno.
E’ interessante e affascinante che ognuno, nel realizzare e disporre il proprio ritratto tra gli altri, abbia espresso la propria individualità e allo stesso tempo abbia trasmesso il fatto di essere parte di un tutto unico.
Luglio 2019